Mozambico

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LA NOSTRA PRIMA COMUNITÁ AFRICANA (22 febbraio 2011)

Il cuore della Missione è “essere per strada”, soprattutto, “missione è sedersi dove la gente si siede e lasciare che Dio avvenga”.
È quanto auguriamo di essere e di fare alla nostra prima comunità “africana”: sr. Giulia, sr. Dionizia e sr. Ducilene: “Essere per strada, per sedersi e lasciare che Dio avvenga”.
La comunità delle nostre Sorelle fa parte dell’équipe “Fidei donum” inviata dalla Diocesi di Verona, espressione di una Chiesa che vuole compagni di viaggio laici, religiosi e preti: Emiliano con Lucia, Nicolò con Francesca, sr. Giulia, sr. Dionizia, sr. Ducilene, don Silvano, don Alessio, don Simone.
Nata dal soffio dello Spirito, questa équipe è chiamata a diventare una comunità capace di accogliersi come persone diverse, in uno stile di fraternità evangelica, per raccontare a tutti, in particolare alla gente di Namahaca, le meraviglie di Dio.


 LA "NOSTRA" AFRICA

Siamo state in Mozambico a visitare le nostre Sorelle Giulia, Dionizia e Ducilene, che completano l’equipe missionaria Fidei Donum, inviata dalla Diocesi di Verona.
Siamo partite la sera del 18 agosto da Verona, con destinazione  “Missione di Namahaca”, con scalo a Francoforte, Johannesburg, Nampula, frontiera obbligatoria per fare il visto di ingresso.
Quando tutto è stato pronto, abbiamo proseguito con la macchina (guida a destra) verso la Diocesi di Nacala. Lungo la strada abbiamo avuto l’impatto immediato con una realtà diversa dell’America Latina, dal Brasile, dall’Europa, dall’Italia: un altro mondo!

Il popolo cammina molto a piedi, fa giorni e giorni di viaggio da una città all’altra sotto un sole cocente. Le case sono piccole capanne (di forma rotonda come quelle degli indios), con pareti di fango, una porta, una o due finestre, il tetto coperto di paglia, il pavimento è di terra battuta e, fuori di casa, il fuoco, per riscaldare la famiglia e le sue relazioni; una pentola di cotto è quanto serve per preparare il cibo.

La stuoia, fatta di paglia o di liane, stesa per terra, serve da tavola e da sedia, dove la famiglia, gli ospiti e gli invitati siedono per conversare, lavorare e mangiare.
La maggior parte delle famiglie è numerosa. Anche se non possiedono beni materiali, ma solo qualcosa per la sopravvivenza, sono ricchissimi in umanità e  dignità e sembrano dirci con la loro vita, che vale la pena avere solo  il necessario. Quello mozambicano è un popolo che ha sperimentato la durezza di un regime dittatoriale e della guerra, dove la forza dell’oppressore gli ha tolto la possibilità di un uguale sviluppo in tutti i livelli della vita che, evangelicamente, è offerta a tutti i figli di Dio come è anche scritto nella Costituzione Universale dei Diritti dell’Uomo.  
Lì, nella missione di Namahaca e Memba, è presente la dinamica e  simpatica equipe dei missionari/e Fidei Donum: sr. Giulia, Dionizia, Ducilene, don Alessio, don Simone, don Silvano e le coppie di laici Lucia ed Emiliano, Francesca e Nicolò.
A ciascuno di loro la nostra gratitudine per la calorosa e fraterna accoglienza.
Ai fratelli e sorelle “Makua” grazie di cuore per la bella accoglienza che ci ha aiutato a sentirci famiglia, danzando la loro musica e con il loro stesso ritmo. I “Makua” sopravvivono nonostante il “niente”, che è la loro ricchezza. Sono sorridenti e pare dicano “Dio è la nostra forza” per correre, lottare, celebrare, giocare, danzare nella nostra terra, nella strada della missione, in questa sabbia che è estensione delle nostre vite, sabbia calpestata dai nostri antenati, che ci sono vicini nel nostro quotidiano, ricordandoci che è necessario guardare avanti, non aver paura, non aver vergogna di “essere negro”, aver fiducia in noi stessi, perché siamo un solo popolo, popolo di Dio, fratelli.

Sr. Marinete e Sr. Narcisa


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